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I terremoti in musica su “Il Foglio”

Data di pubblicazione:04/04/2012
Testata:Il Foglio
Categoria:Recensione
Oggetto:“Non ricercherà mai il Poeta l’abilità degli Attori, ma piuttosto se l’Impresario sarà proveeduto di buon Orso, di buon Leone, di buon Rossignolo, di buone Saette, Terremoti, Lampi, etc.”. Così scrive nel 1720 Benedetto Marcello in “Il teatro alla moda”, satira feroce di vizi e vezzi diventati i veri protagonisti del melodramma; come i terremoti, antenati degli effetti speciali in uso nei film di catastrofi in auge negli anni Settanta.
Ai terremoti in musica è dedicato il saggio di Dario della Porta (docente di Storia ed Estetica della musica al Conservatorio dell’Aquila) che ripercorre la presenza di evocazioni telluriche nelle partiture musicali, a cominciare dalla grandiosa messa del terremoto, “Et ecce terre motus”, del fiammingo Antoine Brumel (1460-1513). Ma è nel Settecento, nel secolo della riformulazione del concetto di Sublime, che il terremoto aspira a trasformarsi in materia di poesia, soprattutto nella musica religiosa e devozionale che rievoca gli eventi catastrofici come manifestazioni della collera divina. Non certo sublimi erano alcuni espedienti per mettere in musica i movimenti sismici. Racconta Louis Spohr nella “Allgemeine Musikalische Zeitung” del 1817 come a quei tempi si otteneva un effetto Sensurround pretecnologico durante un’esecuzione di musiche sacre nella Cappella Sistina: “Alla fine della cerimonia, i servi, raschiando e scalpitando sulla pedana, produssero un rumore molto sgradevole per orecchie musicali, cancellando l’impressione lasciata dalla musica. Quel rumore, mi dissero, rappresentava il terremoto”.

(da “Il Foglio” del 4 aprile 2012)
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